Racconti di guerra di Luigi Preziosi

All’epoca Segretario Comunale, ebbe il triste compito di radunare tutti i santangiolesi e comunicare la straziante notizia della distruzione di Sant’Angelo del Pesco.

GLI EVENTI BELLICI DEL 1943 – 1944

Luigi Preziosi (1880-1973)

L’ORDINE DI EVACUARE

Nel pomeriggio dell’8 novembre 1943 a Sant’Angelo del Pesco io fui chiamato, quale Segretario del Comune, da alcuni ufficiali tedeschi, che mi attendevano nei pressi del nostro Monumento ai Caduti, nella piazza omonima. Mi chiesero anche del Podestà, ma questi, sul momento, era assente. Fra questi ufficiali superiori c’era il Generale Kesserling, già visto in altra occasione, di passaggio per il nostro comune.

Senza preamboli di sorta mi intimarono categoricamente : « da qui tutta la popolazione deve sgombrare per le ore cinque di domani mattina. Chiunque vi rimarrà sarà passato per le armi, essendo questa zona di operazioni di prima linea ».

Tra gli altri generali, Luigi Preziosi riconobbe il Generale Kesserling, già visto in altre occasioni, di passaggio, a Sant’Angelo.

Io mi permisi di obiettare che non era possibile, in poche ore, sgombrare completamente. Mi risposero che al mattino, per tempo, sarebbero stati messi a disposizione numerosi automezzi, che avrebbero potuto caricare tutti e trasportarli verso Sulmona.

Non appena questi ufficiali si furono allontanati, diramai l’ordine perentorio a tutta la popolazione. Inutile descrivere le scene strazianti che ne seguitarono. Convocai tutti i capifamiglia, il Parroco e le altre personalità locali per stabilire il da farsi.

COMINCIA IL MARTIRIO

Alle 5 del mattino del 9 novembre 1943 i santangiolesi incominciano a lasciare Sant’Angelo. Inizia l’esodo straziante, muto e silenzioso attraverso campi e mulattiere, con vecchi, malati e tanti bambini.

Ma dove andare? Dappertutto eravamo accerchiati dai tedeschi e tutte le vie di comunicazione erano in loro potere. Ed allora io proposi che l’unica via di scampo era quella di dirigersi verso il bosco comunale « Colle Infocato » unica zona appartata e priva di rotabili di accesso.

Durante la notte cercammo ognuno di approntare quanto ci era possibile portare a spalla, indumenti, coperte, generi alimentari.Alle cinque del mattino del giorno 9 novembre 1943 ebbe inizio l’esodo straziante, muto, silenzioso attraverso i campi e le mulattiere, con vecchi, malati e bambini. Avevo con me i miei figli e mia madre di anni 81!

Il parroco Nicola Angelacci ci seguiva. Egli aveva portato con sè l’Ostia Consacrata, pensando forse di poter celebrare la Messa. Non tutti poterono seguirci, e molti rimasero in paese e si soffermarono poi nei casolari della « Contrada Canala » lungo la strada provinciale Sangrina, ed altri si rifugiarono entro la Chiesa della Madonna del Carmine, che trovasi tra l’abitato ed il cimitero e lì dormivano e cucinavano.

LA DISTRUZIONE E L’ESODO

Alle ore 9 del 9 novembre 1943 si sentivano i primi boati provenienti dal paese abbandonato. I tedeschi iniziavano la distruzione sistematica, a mezzo di mine ad alto potenziale e con incendi.

Alle ore 9 dello stesso giorno (9 novembre 1943) cominciammo a sentire i primi boati provenienti dal paese abbandonato. I tedeschi ne avevano iniziata la distruzione sistematica, a mezzo di mine ad alto potenziale e con incendi. Essi avevano la sicurezza di poter svernare nella zona, ed avevano perciò deciso di rendere inospitale tutta la valle del Sangro, la quale, per altro, si prestava ad ogni offesa. La distruzione venne proseguita giornalmente finché non fu completa ed integrale. I bombardamenti proseguirono giornalmente finché Sant’Angelo non fu completamente e integralmente distrutto.

Rimanemmo nel bosco fino ai primi di dicembre ; con noi c’erano anche alcuni profughi napoletani, che erano fuggiti da Napoli sperando di trovare nei nostri monti una certa tranquillità.
Non l’avessero mai fatto ! Anche nel bosco vennero a visitarci i tedeschi e ci portarono via valige, biancheria ed oggetti vari di uso personale.
E poi, sia per la mancanza di cibo, sia per l’incalzare della stagione invernale, sia infine che ormai le sorti della guerra erano indecise e lontane, ed i tedeschi sarebbero ancora per molto tempo rimasti nella loro linea di difesa, fummo costretti a sfollare. Molti seguirono la via di Capracotta, e di qui vennero inviati con automezzi alleati verso Agnone, ed altri ancora seguirono la bassa valle del Sangro dirigendosi verso Lanciano.
Io mi diressi verso Agnone, per tenermi vicino al paese distrutto, e con l’aiuto del Governatore Militare Simpson e della Prefettura, mi interessai per l’assistenza di tutti i profughi della nostra zona. Cominciai a ricostruire l’Ufficio comunale nella mia casa di profugo e qui vi dovetti rimanere per oltre due anni.

PRIMI MORTI

A Sant’Angelo si contavano i primi morti. Alcuni malati che non poterono seguire gli altri, venivano portati, dai soldati tedeschi, direttamente all’ossario del cimitero.

In paese intanto erano i morti e pochi malati che non poterono seguirci. Una donna paralitica, a nome Del Corso Matilde, venne cacciata di casa dai tedeschi, al momento della distruzione della sua casa, e portata ancora viva all’ossario del cimitero, ove morì. Un contadino a nome Pasquarelli Antonio venne ucciso da una mina nei pressi della sua casa alla borgata Canala, e portato al cimitero senza cassa. Recatomi al cimitero per constatare il decesso e per chiedere se era stato sepolto, trovai che alcuni vecchi dormivano al di sopra dell’ossario.

In una masseria rurale alla contrada Pescara si era ricoverato un mio amico e compagno di età, Zezza Luigi fu Carmine. Colpito da polmonite morì su di una sedia, senza alcuna assistenza. Quando lo portammo al cimitero, attraverso la campagna, i tedeschi ci spararono alcuni colpi di cannone.

Per circa nove mesi Sant’Angelo venne occupato dai tedeschi, e cioè dal settembre 1943 a giugno 1944. A fine giugno 1944, i tedeschi abbandonano Sant’Angelo dirigendosi verso nord.

L’occupazione tedesca durò oltre nove mesi, e cioè dal settembre 1943 a tutto giugno 1944.

LE VITTIME

Quali gli altri avvenimenti più meritevoli di nota ?

Un operaio a nome D’Ascenzo Antonio venne ucciso dai tedeschi il 5 novembre 1943 perché non volle seguirli in zona lavoro per fortificazioni. Un altro venne ucciso solo perché non volle indicare ad una pattuglia la strada mulattiera per Pescopennataro. Il tesoriere comunale Mariano Ondivio venne fucilato in agro del Comune di Pizzoferrato il 24 novembre 1943 perché trovato in possesso di un passaporto americano e di un binocolo.

La sera del 18 dicembre 1943 una pattuglia tedesca s’imbattè in un gruppo di profughi, provenienti dal vicino Comune di Gamberale (Chieti), i quali risalivano la spalla del ponte S.Vittorio nei pressi dell’abitato di Sant’Angelo del Pesco, già distrutto con mine. La scambiarono per una pattuglia alleata e fecero ad essa gran festa. Il capitano tedesco, che comandava la pattuglia, si mise allora a parlare in inglese e – di rimado – il tesoriere di Gamberale, che faceva parte del gruppo e che era stato in America, rispose in inglese.

Dopo opportuni convenevoli il capitano tedesco chiese agli uomini del gruppo se conoscevano, sull’altra sponda del fiume Sangro le appostazioni di artiglieria tedesca. Gli furono indicate esattamente, e sull’istante, il capitano, fatte allontanare le donne, fece fuoco sui soli uomini uccidendo il Pollice, la figlia, che si era lanciata per abbracciare il padre, un certo Di Nardo Francesco fu Celestino. Un altro giovane venne colpito al torace e cadde con gli altri, ma poi, trasportato all’ospedale di Agnone, venne miracolosamente salvato perché i proiettili non avevano perforato organi vitali.Nei pressi del predetto ponte S.Vittore è collocata una lapide che ricorda il triste avvenimento.
Il mattino del Natale 1943, verso le otto, scese da Gamberale una pattuglia tedesca e sorprese 12 civili che non si erano allontanati, racimolandoli in casolari diversi. Li condussero in una masseria diroccata e sul posto li mitragliarono tutti.Una povera vedova a nome Palmieri Angela, che aveva un figlio capitato tra i dodici, si recò a sera inoltrata nella suddetta masseria per rivedere il figlio e per assicurarsi della sua morte. Lo riconobbe, lo abbraccio teneramente, lo coprì con un piccolo scialle lacerato che ella teneva sulle spalle.

Tra questi morti capitò anche il Generale medico a riposo Dott. Di Lallo Carmine, di Sant’Angelo del Pesco, decorato più volte al Valor Militare, il quale al momento della distruzione del paese, si era rifuggiato in agro di Pizzoferrato.Causa le grandi nevicate cadute tra il dicembre 1943 ed il gennaio 1944, e la inaccessibilità della zona perché tutta minata, questi morti rimasero insepolti fino al marzo 1944.

Il Generale ora riposa nel cimitero del nostro Comune. La vedova del Di Lallo aveva in precedenza partorito due gemelli, che morirono di fame per mancanza di latte, ed essi vennero sepolti sotto una quercia, avvolti di cenci e racchiusi alla meglio in embrici rotti.

GIUSEPPINA PREZIOSI DI ANNI 15

La bella quindicenne Giuseppina Preziosi, figlia di Luigi Preziosi, morta il 13 maggio 1944 colpita da una cannonata tedesca mentre in aperta campagna, raccogliendo fiori e cantando, rientrava con una sua amica a Sant’Angelo.

Il 13 maggio 1944 il paese doveva avere un’altra vittima più dolorosa delle altre.
La signorina Preziosi Giuseppina, di anni 15, figlia prediletta di Luigi Preziosi, studentessa nel R. Conservatorio di S.Giovanni Battista in Pistoia, mentre scendeva con un’altra donna dal vicino Comune di Pescopennataro, venne uccisa da una cannonata tedesca in aperta campagna, mentre l’altra donna rimase incolume. A lei vennero tributati onori militari e la sua bara venne trasportata al cimitero dai Militari italiani di rastrellamento. Un ufficiale inglese, presente alla tumulazione, volle appuntare sul suo petto una medaglia d’oro avuta dalla mamma. Ora lei riposa nella cappellina di famiglia nel nostro Comune. Questo fu il penultimo colpo di cannone poi un altro ancora, senza danni e poi più nulla. Con la fine di giugno 1944 la zona venne abbandonata dai tedeschi che si ritirarono verso il nord.

NATALE 1944

Don Gennaro Di Nucci (1920 – 1994) qui in una foto del 1990. È stato parroco dei santangiolesi dal 1944 al 1948.

Don Gennaro Di Nucci, nel 1944, fu destinato come Parroco a Pescopennataro e comeeconomo a Sant’Angelo, paesi completamente distrutti durante la seconda guerra mondiale ; quest’ultimo era rimasto un paese fantasma, disabitato per circa un anno in quanto tutti i santangiolesi erano stati forzatamente deportati dalle forze alleate in Puglia, sicché il timido ritorno di circa 200 cittadini avvenne negli ultimi mesi del 1944. Da Pescopennataro, per raggiungere Sant’Angelo ci si poteva servire unicamente dell’aperta campagna, essendo stata minata tutta la rotabile con le relative adiacenze. Così Don Gennaro raggiunse Sant’Angelo qualche giorno prima di Natale, per conoscere i futuri parrocchiani. L’impatto fu atroce: distruzione, sofferenza e miseria, tanta miseria! Questo fu lo spettacolo triste! Promise che avrebbe celebrato la Messa di Natale, non potendo farlo alla Vigilia e così con l’animo mesto se ne ritornò.Tuttavia rimase fortemente sconcertato quando, per la prima volta dopo la guerra, le campane della Chiesa del Carmelo suonarono a festa proprio alla mezzanotte del 24 dicembre.Il suono della voce degli angeli, lungo e festoso, si era sentito anche alla vicina Pesco, Cos’era successo ? Don Gennaro racconta che per tutta la notte non riuscì a dormire, e, all’indomani, dopo la prima Messa di Natale, si mise in cammino per Sant’Angelo, dove giunse per celebrare quella di mezzogiorno.Apprese, con tanto stupore che la sera precedente i santangiolesi, pur non avendo il celebrante, si erano riuniti in chiesa a recitare i vespri ed i salmi, avevano suonato a festa le campane, si erano abbracciati tutti per dirsi « Buon Natale », che per loro voleva significare ricominciare la vita, ricostruire il paese, rinsaldare gli affetti più cari nel nome del Cristo nascente. E qui il racconto continua : Don Gennaro celebrò la sua Messa : erano le ore 12 del 25 dicembre 1944! Tutti si erano recati nella Chiesa del Carmelo, essendo la madrice inagibile a causa di una bomba che ne aveva sventrato il tetto. Durante la celebrazione piangevano tutti. Don Gennaro compreso, invasi da grandissima commozione: con quel Natale cominciava una nuova vita, da quelle macerie e da quei ruderi, che sembravano fantasmi, si sprigionava il nuovo e deciso slancio di ricostruzione.

Quel giorno, fortunatamente, Don Gennaro ebbe l’invito da una graziosa donnetta che gli disse di essere la mamma di Vincenzino, quello che studiava nel Seminario di Trivento.Dopo 24 ore di digiuno, mangiò solo un pò di polenta sottratta alle già parche razioni della famiglia Del Corso, ma – asserisce – non vi fu pranzo migliore in tutta la sua vita, fino ad oggi, di quella polenta offerta con tanto amore e divorata con tantissimo appetito.