Sant’Angelo del Pesco: torna la storica sirena

SANT’ANGELO DEL PESCO, 2005 – The bell tower’s spire, beside the clock, had long preserved the old siren — weathered and corroded by time, silent for decades.

Per molto tempo, nel nostro paese, lo scorrere del tempo era segnato soltanto da riferimenti religiosi. La vita quotidiana della comunità, composta per lo più da agricoltori, si muoveva al ritmo dei rintocchi delle campane: al mattino, a mezzogiorno, e di nuovo all’imbrunire. Quel suono familiare era la nostra sveglia, il nostro orologio, la voce della giornata che iniziava e finiva sempre uguale, in un ciclo lento e rassicurante.

Poi, nei primi anni Cinquanta, nel pieno della lunga e faticosa ricostruzione del dopoguerra, qualcosa cambiò. A Sant’Angelo del Pesco, un suono nuovo fece per la prima volta eco tra i vicoli e i tetti del paese. Era un segnale diverso, carico di significato, che rompeva il silenzio del mattino con un richiamo deciso e inconfondibile. Era la sirena del campanile della chiesa parrocchiale.

Non era una sirena come quelle delle grandi città industriali, dove annunciava il turno in fabbrica. No, la nostra era una voce diversa: più che un richiamo al lavoro, era un segno del cambiamento. Scandiva l’inizio delle giornate scolastiche, e per noi bambini era il segnale che le lezioni stavano per cominciare. Un suono acuto che si propagava tra le case e i campi, raggiungendo anche i contadini che, comunque, erano già al lavoro da ore.

SANT’ANGELO DEL PESCO, 2025 – La sirena è tornata al suo posto, là dove era sempre stata: sul campanile della chiesa parrocchiale.

Ma quella sirena parlava anche agli adulti. Era il simbolo di una vitalità nuova, qualcosa che prima non c’era. Un paese che, nonostante la fatica, il dolore e l’abbandono di tanti che erano emigrati, cercava di rialzarsi e di guardare avanti. Era il suono del cambiamento. E forse, per la prima volta, anche il segnale concreto che un futuro, diverso e possibile, stava cominciando a farsi sentire.

Un suono, che a un certo punto ci appariva naturale, entrando silenziosamente nei nostri cuori. Dietro quel suono si nascondevano le storie di tante famiglie che, nel tempo, avevano trovato la forza di ricostruire le loro case, di riappropriarsi della propria dignità. Fu la prima sirena della zona a suonare ogni giorno, come un augurio, come un annuncio silenzioso di progresso.

E, giorno dopo giorno, diventava un simbolo di appartenenza, un profondo moto di orgoglio personale e collettivo. E tra tutti, Don Vincenzo ne fu il volto più tenace: con la sua caparbietà, la determinazione, lo spirito innovativo e il desiderio di riscatto – non solo sociale, ma anche economico – si fece promotore di un cambiamento autentico per il nostro piccolo paese.

E così, per anni, quel suono ha fatto da sottofondo alla vita del paese. Ha accompagnato l’alternarsi delle generazioni, i momenti di festa e quelli di dolore, l’emigrazione e lo spopolamento, ma anche i ritorni, i ricongiungimenti, le rinascite. Per chi, come me, ha vissuto tutto questo da adolescente, quel ricordo ha il sapore intenso di un’esperienza vissuta sulla pelle. Rimane, indelebile, l’orgoglio di aver fatto parte di una storia vera, profonda, tutta da raccontare.

Ma verso la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta portarono con sé un cambiamento silenzioso ma inesorabile. Fu l’inizio di un lento declino per la nostra comunità. L’asilo, la scuola elementare e quella media chiusero le loro porte. I terreni, un tempo curati con amore e fatica, restavano incolti. E mentre la vita sembrava ritirarsi verso i centri più grandi, i piccoli paesi dell’entroterra molisano – come Sant’Angelo del Pesco – cominciavano a svuotarsi, giorno dopo giorno, famiglia dopo famiglia.

Anche la sirena, che per tanto tempo aveva dato voce alla nostra quotidianità, cominciò a farsi più debole. Il suo suono, una volta familiare e rassicurante, si affievoliva con il passare del tempo, come un ricordo che sfuma.

Poi, un giorno qualunque, la sirena del campanile della chiesa parrocchiale non si sentì più suonare. Nessun rintocco, nessun segnale, solo silenzio. E in quel silenzio ci fu la consapevolezza di tutti: un’epoca si era conclusa, una storia si era chiusa.
Fu un giorno triste. Quel suono, che aveva segnato le nostre vite per anni, non c’era più. E con lui se ne andava un pezzo della nostra identità.

8 Giugno 2025: la sirena è tornata

SANT’ANGELO DEL PESCO, 8 giugno 2025 – Un suono ritrovato. Dopo anni di silenzio, la storica sirena del campanile della chiesa parrocchiale è tornata a farsi sentire. Un richiamo carico di memoria, che diventa oggi simbolo di rinascita e coesione per l’intera comunità.

Era la mattina dell’8 giugno 2025 quando, a Sant’Angelo del Pesco, è tornata a farsi sentire una voce. Per molti era nuova, ma per altri era la stessa che, per anni, aveva scandito il ritmo della vita quotidiana del paese. Dopo tanto tempo, la storica sirena del campanile della chiesa parrocchiale ha ripreso a suonare, rompendo il silenzio con un richiamo familiare capace di risvegliare emozioni profonde.

Quel suono, che a partire dagli anni Cinquanta annunciava ogni giorno l’inizio delle lezioni scolastiche, oggi, dopo decenni di silenzio, è tornato a vibrare tra i tetti del paese, tra le memorie di chi c’era e la curiosità di chi lo ascolta per la prima volta.

Il ripristino della sirena non è solo un gesto tecnico, ma un atto simbolico. È come se il tempo, per un istante, avesse fatto un passo indietro per abbracciare il presente. Un piccolo ma potente segno di continuità, identità e speranza.

E così, dopo quasi mezzo secolo, la determinazione, l’ingegno e l’amore per la memoria hanno avuto la meglio. È nato così il desiderio di restituire al paese qualcosa che era appartenuto a tutti: un suono, un’identità, un punto di riferimento affettivo, capace di unire passato e presente.

L’8 giugno 2025, Guglielmo, Mario e Dominique, animati da passione e senso di appartenenza, si sono fatti promotori e custodi di un’iniziativa tanto nobile quanto carica di significato. Grazie al loro impegno, quella storica sirena – rimasta in silenzio per decenni – è tornata tra le loro mani. Dopo un’accurata opera di manutenzione, diversi giorni dedicati al rimontaggio e ulteriori interventi di perfezionamento e rifinitura, il suo suono ha finalmente riecheggiato di nuovo.

Il tutto è stato reso possibile grazie all’avallo del parroco, Don Paolo Rossi, che si è fatto carico di tutte le spese economiche a nome della Parrocchia di San Michele Arcangelo.

Il lavoro, dal costo di circa un migliaio di euro, è stato affidato a una ditta di Bergamo, che ha coinvolto anche Marco Balduzzi, figlio della nostra compaesana Consiglia Sciulli. Marco, che vive in quella zona, si è adoperato personalmente per seguire la ricostruzione del dispositivo presso un laboratorio di sua fiducia. L’intero intervento si è concluso nell’arco di meno di un anno.

E così, grazie alla passione di questi nostri compaesani, qualcosa è cambiato. Con coraggio e competenza, sono saliti fin sul campanile, là dove per anni aveva risuonato la voce della sirena. Hanno smontato con cura il vecchio apparecchio, trattandolo con rispetto, come si fa con un oggetto caro, e l’hanno spedito a una officina specializzata e di fiducia nel nord Italia. Un dispositivo – corroso dal tempo, arrugginito, quasi dimenticato – sembrava ormai destinato all’oblio.

«Riportare in vita quel piccolo ma prezioso frammento del nostro patrimonio storico e culturale non è stato semplice.» – Guglielmo Delle Donne

«Abbiamo sempre creduto che il patrimonio urbano, storico e culturale meriti di essere tutelato e mantenuto con cura.» – Mario Delle Donne

«Abbiamo portato a termine con successo la salvaguardia di un piccolo, ma prezioso tesoro del nostro patrimonio storico e culturale.» – Dominique D’Abruzzo

È stato l’inizio di un nuovo capitolo: un gesto concreto per salvare un’eredità immateriale: una sirena che non era solo metallo e ingranaggi, ma memoria viva, tornata finalmente a raccontare la sua – e la nostra – storia.

È tornata là dove era sempre stata: sul campanile della chiesa parrocchiale, nello stesso punto esatto che l’aveva vista protagonista della vita quotidiana del paese negli anni bui del dopoguerra. È tornata la memoria di un’intera comunità: un frammento della nostra storia e un segno tangibile della nostra identità.

La nostra vecchia sirena è tornata a farsi sentire. Il suo suono, familiare e potente, riecheggia ancora tra le case e le colline di Sant’Angelo del Pesco. Ma oggi non ha più la stessa funzione di un tempo. La scuola non c’è più, i contadini nei campi sono ormai un ricordo lontano. Quel mondo che un tempo si muoveva al ritmo del suo richiamo è cambiato, lentamente, silenziosamente.

Eppure, la sirena è tornata. E anche se il suo scopo non è più quello di scandire le giornate di una comunità laboriosa, oggi rappresenta qualcosa di forse ancora più prezioso: è diventata simbolo e memoria, una piccola attrazione che racconta chi eravamo, che ci lega alle nostre radici, alla nostra storia. Ora suona per ricordare. Per non dimenticare ciò che siamo stati. E la cosa più importante è che continui a farlo, anche solo per un momento. Perché quella sirena, oggi come ieri, è – e sarà sempre – la sirena di tutti.

Per concludere questa storia, abbiamo voluto ascoltare le voci di chi quella sirena l’ha conosciuta davvero. Abbiamo chiesto ad alcuni anziani del paese cosa rappresenti oggi, per loro, il ritorno del suo suono. Le risposte, pur diverse nei toni, ci hanno restituito un sentimento comune, profondo:

Siamo cresciuti con l’orologio e con la sirena,” ha detto uno di loro con un sorriso malinconico. E sentirla di nuovo, dopo così tanti anni, è come ritrovare un pezzo di noi stessi.

Ed è proprio così: quella voce tornata a risuonare tra i vicoli del paese non è solo un suono del passato, ma un legame vivo con ciò che siamo stati e con ciò che, in fondo, non abbiamo mai smesso di essere.
Il suono della sirena, una memoria viva che ci invita a guardare avanti con la stessa forza, la stessa tenacia e la stessa fiducia con cui, un tempo, si ricominciava ogni giorno.

Perché se abbiamo saputo costruire tanto allora, tra le macerie e le difficoltà, possiamo ancora oggi — ispirandoci a quel passato — immaginare e ricostruire il nostro futuro.