Lo sport, come sappiamo, è molto più politico di quanto si possa pensare e un’azione diplomatica sulla scottante questione israelo-palestinese è passata quasi inosservata negli ultimi Campionati del Mondo di Qatar 2022.
Voli charter da Tel Aviv a Doha per consentire agli appassionati israeliani e palestinesi di volare insieme (da tifosi) per assistere alle partire dei Mondiali di Qatar 2022: un annuncio storico della FIFA che comunica ufficialmente un’accordo raggiunto con il Qatar, paese organizzatore, e che consente ai residenti e gli operatori di media accreditati della Cisgiordania e della Striscia di Gaza di partire dall’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv in Israele.
Un’iniziativa, apparentemente positiva, concretizzata in poco tempo anche se non esiste alcun accordo diplomatico tra Qatar e Israele. Per non parlare poi del fatto che Israele non è nemmeno qualificato per la competizione. Per i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, non avendo un proprio aeroporto, sono costretti a richiedere un permesso speciale (difficile da ottenere), per utilizzare l’aeroporto di Tel Aviv. Inoltre, i cittadini israeliani (con passaporto israeliano) non possono entrare in Qatar. Israele e Qatar non hanno relazioni diplomatiche dal 2008 a causa della guerra di Gaza. Si tratta quindi di un accordo importante e storico ma tempestivo che elimina temporaneamente il blocco politico all’ingresso di cittadini di Israele in Qatar e, allo stesso tempo, consente ai palestinesi di partire da Tel Aviv.
Doha-Qatar – © leMultimedia.info / Oreste Di Cristino [Doha]
La superpotenza del mondo dello sport (FIFA), già aspramente criticata per le sue scelte e i suoi impegni fuorvianti, interferisce nella diplomazia e assicura che le sue azioni sono apolitiche. Ma l’idea e il lavoro della Fédération Internationale de Football Association (FIFA) è stato messo sotto osservazione da diverse organizzazioni anche se la FIFA dal canto suo cerca solo di svolgere un ruolo importante integrando il mondo sportivo a quello politico-diplomatico.
Ci si chiede allora: quali sono realmente le motivazioni di una tale azione? Ecco una dichiarazione del comunicato stampa rilasciato dalla FIFA il 10 novembre:
« I voli charter diretti saranno temporaneamente effettuati tra l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv e l’aeroporto internazionale Hamad di Doha da una compagnia aerea con diritti di atterraggio esistenti in Qatar per l’intera durata dei Mondiali. »
Poi arrivano altre dichiarazioni del presidente FIFA Gianni Infantino:
« Il calcio ha il potere di unire le persone, trascende tutti i confini, attraversa tutte le frontiere e promuove l’unità come nient’altro. Inoltre, fornisce un’eccellente piattaforma per migliorare le relazioni in tutto il Medio Oriente. »
« Siamo felici di questo accordo grazie a cui israeliani e palestinesi potranno viaggiare e godersi il calcio tutt’insieme. »
Ma da Losanna, il direttore dell’Osservatorio dello sport dell’Università di Losanna, Quentin Tonnerre, analizza attentamente la situazione e afferma:
« Un’organizzazione di voli charter mira a migliorare le relazioni in tutto il Medio Oriente e a promuovere la pace in una regione tormentata da conflitti? Le organizzazioni sportive internazionali, la FIFA in primis, parlano costantemente di pacificazione delle relazioni internazionali attraverso lo sport. Poi continua: Da un lato, essi affermano regolarmente che possono riuscire dove gli Stati, soprattutto attraverso le Nazioni Unite, falliscono; dall’altro, affermano che lo sport ha virtù pacificatrici senza mai averlo dimostrato. L’idea che solo il fatto di riunire intere comunità in perenne conflitto tra di loro, in questo caso su un volo charter, e che questo potrebbe promuovere la pace è completamente ridicolo. »
Ingenuamente, si potrebbe attribuire alla FIFA azioni che mirano, in senso stretto, a unire popoli che di solito non si parlano mai. Ma la realtà sul campo contraddice questa tesi. Secondo Les Echos, il principale giornale economico finanziario francese, l’euforia dei sostenitori mediorientali a Doha è stata rapidamente sostituita da una profonda amarezza, delusione e persino paura. Si dice che tanti sostenitori israeliani hanno lasciato il paese prima del previsto per paura di rappresaglie e ritorsioni da parte degli arabi.
« Chiaro, tali iniziative potrebbero certamente contribuire ai processi di pace, afferma ancora Quentin Tonnerre, ma per farlo, devono far parte di una strategia più globale; se eseguita in modo isolato, senza leva politica, non hanno alcun senso. Si tratta di una questione molto complessa e delicata. Un caso simile si è verificato durante le Olimpiadi invernali di P’yŏngch’ang nel 2018 dove gli atleti sud e nordcoreani sfilarono in un’unica delegazione e sotto la stessa bandiera. Ma le speranze di un disgelo nei rapporti con la penisola coreana si vanificarono molto rapidamente. »
« In questa sua idea, la FIFA cerca solo di rimediare ai propri errori politici cercando di promuovere la pacificazione. Ma non serve a nulla. Sono solo delle ambizioni alla ricerca di una credibilità persa negli ultimi anni nei confronti della comunità internazionale e dell’opinione pubblica », conclude Quentin Tonnerre.