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C’era un tempo in cui l’estate aveva il profumo dell’erba secca e della frutta matura. Era un periodo che non si contava in giorni, ma in attese: l’ultima campanella di scuola, le prime cicale che riempivano il pomeriggio, le sere lunghe che si allungavano come il tramonto dietro le colline. Allora, nel mio piccolo paese, agosto era il traguardo dell’anno, ed io da bambino passavo l’inverno e la primavera ad aspettarlo, come si aspetta un regalo promesso.
Non partivamo per le ferie in città lontane. Le nostre vacanze stavano tutte lì, tra le strade di pietra e la piazza assolata, dove il calore faceva tremare l’aria e i vecchi raccontavano storie antiche davanti a un vecchio bar. Bastava poco per essere felici: una palla un po’ sgonfia, un elastico, un fazzoletto annodato a mo’ di rete. Il mondo finiva dove finiva il paese, e io non sentivo il bisogno di andare oltre. Agosto era la nostra “domenica dell’anno”: lungo, lento, pieno di promesse.

SANT’ANGELO DEL PESCO, 1949 – La banda musicale riempiva ogni vicolo del paese di note festose e squillanti. – Fotogramma tratto dal film-documentario “La Festa“ del regista Ugo Fasano.
Quando i padri emigrati tornavano da lontano, il paese si vestiva a festa anche prima della festa. Arrivavano con valigie rigide, mani segnate dal lavoro, volti scavati, ma con gli occhi pieni di luce, abbracciandoci come chi deve recuperare il tempo perduto. Io non capivo ancora cosa volesse dire sacrificio. Correvo libero, con la pelle che sapeva di sole e di polvere, convinto che quella felicità fosse eterna.
Il 15 agosto era il cuore pulsante dell’estate. Dalla bancarella di Zì Giuann si diffondeva nell’aria il profumo dolce dello zucchero filato, mescolato all’aroma tostato delle noccioline calde. La banda musicale, in giacca rossa e cappello dorato, riempiva ogni vicolo di note squillanti. Al centro del paese, la giostra con i seggiolini volanti e le luci colorate girava fino a tarda sera; e se riuscivi ad afferrare il fiocco, vincevi un giro gratis. La mia preferita.

SANT’ANGELO DEL PESCO, 1949 – Il quadro della Madonna del Carmelo portato in processione per le vie del paese. – Fotogramma tratto dal film-documentario “La Festa“ del regista Ugo Fasano.
Poi arrivava la parte solenne: la messa, seguita dalla processione intrisa di profonda devozione popolare, che di notte si dirigeva verso la cappella della Madonna, custode del quadro sacro. Nel pomeriggio, invece, i giochi per grandi e piccoli raccontavano la dimensione più intima, genuina e familiare della festa.
La sera, tra canti, balli e battiti di mani, prendeva vita un autentico spettacolo musicale, in cui la tradizione si fondeva con la gioia collettiva, regalando emozioni al ritmo della festa. E, a tarda notte, i fuochi d’artificio sancivano la fine di una giornata intensa e carica di emozioni.
Tra giochi, risate e volti ancora accesi di gioia, la festa era finita.

SANT’ANGELO DEL PESCO, 1949 – La giostra artigianale, con le sue luci colorate, girava al centro del paese come un piccolo pianeta allegro. – Fotogramma tratto dal film-documentario “La Festa“ del regista Ugo Fasano.
Oggi quell’agosto non c’è più. Il mese più bello si è trasformato in una corsa caotica: auto parcheggiate ovunque, l’unico bar del paese preso d’assalto, serate musicali che hanno perso la poesia: rumore senza melodia, luci senza magia. Un frastuono che copre tutto invece di animare e divertire. Il volto genuino e familiare della festa non esiste più.
Eppure, ogni anno, c’è ancora qualcosa che resiste. La banda che all’alba sveglia il paese tra il fresco e il profumo di caffè appena fatto; le candele tremolanti nella messa; la processione che avanza a passi lenti con il suono grave della grancassa. Sono i momenti che restano scolpiti nella mia memoria e che, nonostante tutto, sopravvivono.

SANT’ANGELO DEL PESCO, 1949 – La sera, tra canti, balli e battiti di mani, prendeva vita un autentico spettacolo musicale, in cui la tradizione si fondeva con la gioia collettiva. – Fotogramma tratto dal film-documentario “La Festa“ del regista Ugo Fasano.
Oggi l’attesa di agosto non ha più lo stesso sapore. È diventata, come direbbe Leopardi, dolce nell’attesa e amara nel presente, con una malinconia che si spinge fino al futuro. Per me, le giornate più belle iniziano dopo il 15, quando il paese torna a respirare. Ma so che, finché sentirò la banda all’alba di Ferragosto, una parte di me sarà ancora quel bambino che correva scalzo, credendo che agosto non sarebbe mai finito.
Eppure, per me, ogni Ferragosto resta un baluardo dell’estate: passato quel giorno, mi ritrovo ad aspettare Natale, con un filo di nostalgia che non se ne va.